XVII Rapporto dell'Osservatorio sul Turismo del Vino. L'impatto socio economico del covid. Dalla necessità della gestione alla prospettiva del rilancio

30/06/2021

XVII Rapporto – Osservatorio sul Turismo del Vino

L’IMPATTO SOCIO-ECONOMICO DEL COVID 
SUL TURISMO DEL VINO IN ITALIA

DALLA NECESSITÀ DELLA GESTIONE

ALLA PROSPETTIVA DEL RILANCIO 

 

Nel 2020 l’Italia e tutto il pianeta sono stati purtroppo aggrediti dalla pandemia da Covid-19, senza ombra di dubbio una delle più gravi calamità mai accadute nella storia dell’uomo, che ha prodotto prima di tutto enormi e irrecuperabili danni in termini di salute (tra contagi, infermità e vittime), ma anche e soprattutto ingentissimi, a volte irrisolvibili, danni sociali ed economici, impattando tutti i settori e quindi anche il comparto vitivinicolo e conseguentemente il turismo del vino. In termini di produzione, in realtà, la vendemmia 2020 in Italia si è mantenuta sui livelli dell’anno precedente, superando i 47 milioni di ettolitri come dalle stime di tutte le principali fonti di settore, a cominciare dall’OIV (confermando ancora una volta l’Italia, ormai in maniera stabile, come il principale produttore al mondo, prima di Francia e Spagna, rispettivamente al secondo e terzo posto su un ipotetico podio), con un diffuso consensus anche sulla buona, se non ottima, qualità delle uve italiane del 2020; a pesare negativamente in tempo di Covid, tuttavia, è purtroppo la domanda, soprattutto nel canale Ho.Re.Ca. (Hotel, Restaurant, Café/Catering), anche dal punto di vista, naturalmente, del turismo del vino.

Allo stesso tempo, non bisogna dimenticare, oltre alla “Vendemmia Italia”, anche la “Cantina Italia”, ossia il vino già a disposizione, conservato nella pancia delle aziende per esigenze relative a invecchiamento, affinamento o mercato, che ogni anno si “rinnova” anche in questo caso intorno ai 50 milioni di ettolitri. In tempo di Covid la “Cantina Italia” è purtroppo divenuta più ingente, essendo stato possibile vendere di meno rispetto agli anni passati, con in più il nuovo ingresso in cantina della vendemmia 2020; in altre parole, siamo in presenza di un’offerta, in termini complessivi, preponderante rispetto alla domanda, circostanza che già esisteva in passato (a livello mondiale si producono ogni anno circa 270 milioni di ettolitri di vino e se ne consumano circa 240 e questo “spread” vale a grandi linee anche per l’Italia), ma naturalmente oggi in termini decisamente più consistenti (e problematici).

In tal senso, il turismo del vino è sempre stato in passato un formidabile canale anche di vendita, raggiungendo nel 2019, in base alle stime del 16simo Rapporto dell’Osservatorio sul Turismo del Vino dell’Associazione Nazionale delle “Città del Vino”, i suoi livelli di massima espansione storica, ossia almeno 15 milioni di presenze (tra turisti ed escursionisti) e almeno 2,65 miliardi di euro di fatturato (della complessiva filiera enoturistica). In tempo di Covid, purtroppo, questi numeri sono venuti meno e, di conseguenza, ne hanno ulteriormente risentito le stesse attività commerciali delle aziende vitivinicole italiane.

In questo scenario, il gruppo di ricerca dell’Osservatorio sul Turismo del Vino (fondato nel 1999) dell’Associazione Nazionale delle “Città del Vino” (fondata nel 1987), istituzionalmente considerato la fonte più autorevole nel campo dell’analisi del fenomeno enoturistico in Italia, in ragione del contributo scientifico prestato ai lavori legislativi che hanno portato alla legge quadro sull’enoturismo del 2017, si è posto un fondamentale problema di ricerca, ossia valutare se procedere anche nel 2020 con la “classica” metodologia di ricerca già adottata per i precedenti Rapporti oppure adottare un nuovo approccio d’indagine in ragione della pandemia in corso. La risposta è stata unanimemente individuata nella seconda opzione, ritenendo più utile realizzare uno studio sul turismo del vino, con la pandemia ancora in corso, che potesse muovere dall’attualità per proiettare riflessioni, analisi e possibili soluzioni sul futuro del turismo del vino in Italia, auspicabilmente sempre più vicino grazie alla complessiva gestione dell’emergenza in generale e al piano delle vaccinazioni in particolare.

Si è quindi proceduto all’elaborazione di un’analisi di scenario, ricorrendo alle interviste di cento protagonisti del mondo del vino in Italia, dal lato professionale, associativo e istituzionale, per rinvenire un quadro dello stato dell’arte e soprattutto delineare le possibili linee di sopravvivenza e sviluppo (o, se si vuole, “ripresa e resilienza”) dell’enoturismo in Italia. Si tratta di un’indagine “qualitativa”, ossia tendente a far emergere dell’enoturismo che verrà non tanto “che cosa” e “quanto” (dato che effettuare stime in tempi così emergenziali potrebbe portare da un lato a valori drasticamente negativi – forse poco utili alla comprensione del recupero e auspicabilmente del “rimbalzo” – e dall’altro lato a calcoli assai poco stabili in termini di attendibilità), ma piuttosto “come” e “perché”.

Di seguito si segnalano le principali traiettorie evolutive emerse dall’indagine, rinviando alla successiva lettura in profondità del Rapporto l’analisi di tutti i dati di dettaglio e il commento di tutte le evidenze riscontrate. In particolare, è emerso che il “nuovo” turismo del vino in Italia, ossia quello che arriverà a convivere (sempre auspicabilmente) con la coda della pandemia e al più presto con la fine della pandemia, dovrebbe essere interessato dalle seguenti caratteristiche.

 

     Serviranno probabilmente all’incirca due anni, dopo il termine della pandemia, per ritornare ai valori massimi di performance del 2019 (si ricorda, almeno 15 milioni di presenze tra escursionisti e turisti e almeno 2,65 miliardi di euro di fatturato della complessiva filiera).

 

     La misura più urgente per il rilancio dell’enoturismo in Italia passa attraverso la redazione e l’attuazione di un piano straordinario di promozione del turismo del vino, ma fin d’ora è essenziale investire soprattutto sull’accessibilità dei territori, da considerarsi in senso lato, ossia in termini di strade, parcheggi, servizi per persone diversamente abili e così via, senza dimenticare le infrastrutture digitali (p.e., banda larga).

 

     Con la pandemia da Covid-19 il turismo del vino in Italia è destinato a cambiare per sempre, anche se tali cambiamenti saranno probabilmente contenuti. Per esempio, l’esperienza enoturistica sarà sempre di più all’aperto, ossia popolando più i vigneti che le cantine, anche per immediate esigenze di sicurezza sanitaria e psicologica.

 

     I punti di forza dell’enoturismo italiano, su cui puntare per il rilancio post-Covid, sono la complessiva ricchezza enogastronomica del Paese e l’appeal del contesto storico-artistico-culturale, mentre i punti di debolezza sono la carenza dei servizi di accoglienza e l’esperienza di visita spesso uguale, non originale o meglio ancora “memorabile”.

 

     La regione italiana considerata più attrattiva per l’enoturista italiano è di gran lunga la Toscana (52,69%), che risulta la regione più attrattiva anche per l’enoturista straniero, con valori anche più alti (60,22%), soprattutto in ragione del fascino di quel contesto storico-artistico-culturale.

Varie considerazioni finali hanno arricchito l’analisi di scenario, partendo dalla necessità di rafforzare le reti di collaborazione (soprattutto tra pubblico e privato, com’è avvenuto per esempio per “Barolo Città Italiana del Vino 2021”, una nuova iniziativa di valorizzazione dei territori del vino che ha ideato l’Associazione Nazionale delle “Città del Vino” con il patrocinio del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali) e arrivando all’opportunità di elaborare modelli di organizzazione, promozione e sviluppo dell’enoturismo più innovativi. Molto ci si aspetta anche da due caratteristiche di “convivenza” con la pandemia, ossia l’enoturismo di prossimità (che per molti sarà rilevante ancora per diversi anni) e la digitalizzazione dell’enoturismo (da cui, con formule diverse e con applicazioni contestuali, non si tornerà più indietro).

In conclusione, molte più luci che ombre, com’è naturale che sia immaginando tramite un’analisi di scenario una visione di quello che sarà dell’enoturismo in Italia. Dall’indagine, in ogni caso, emerge con forza la distinta identità del turismo del vino come uno dei principali “turismi” dell’offerta del Belpaese, fino a costituire molto probabilmente, senza dubbio in una più ampia ottica “enogastronomica”, uno degli assi portanti per il rilancio della complessiva industria turistica italiana.

Cerca la città del vino
Generic filters

Ultime Notizie

adv