Il Vino da Messa

21/04/2020

Parliamo oggi del vino da messa, prodotto da conventi e istituzioni religiose o laiche secondo le precise regole del Codice di Diritto Canonico 

Ed infine le aziende e le comunità italiane dove si produce solo o anche vino da messa, un settore molto particolare dell’enologia italiana, tra le quali il Convento dei Frati Francescani di Mezzolombardo in Trentino e i già citati  Abbazia di Praglia e Abbazia di Novacella in Alto Adige.

Da Cocconato d’Asti (AT) arrivano, con l’autorizzazione del Vicario Foraneo e timbro della Curia Vescovile di Casale Monferrato, il “Malvaxia Sincerum” (un passito da Malvasia rossa di Schierano) dell’Azienda Vitivinicola e di Invecchiamento Roberto Bava (www.bava.com) e l’”Alleluja” (vino liquoroso da Moscato di Canelli in purezza) di Casa Brina (www.casabrina.com).

Il “Così Sia” della Azienda Jermann di Farra d’Isonzo (GO) (www.jermann.it) nasce da un uvaggio di bianchi autoctoni del Friuli Venezia Giulia  (Friulano, Malvasia Istriana, Ribolla Gialla) allevati sulla “ponca”, il substrato roccioso caratteristico di questa zona geografica prevalentemente collinare originato da marne e arenarie appartenenti alla formazione flyschoide di età. Un vino semplice e schietto che rispecchia i metodi di lavorazione delle generazioni passate e che subisce pochi trattamenti in cantina (fermentato senza aggiunta di solforosa, non filtrato…).

Il Convento dei Carmelitani Scalzi (www.chiesadegliscalzi.it) custodisce, nascosto tra i canali e le calli del sestiere di Cannaregio di Venezia, un affascinante Giardino Mistico, che dal 2015 è stato riaperto al pubblico, grazie anche all’operazione di restauro filologico condotta dal Consorzio Vini Venezia con l’obiettivo di ripristinare la biodiversità lagunare partendo dalla riscoperta della viticoltura locale. Un appezzamento regolare di 5mila mq, un ettaro dei quali a vigneto. Accanto all’orto piantato a frutta, verdura ed erbe officinali (che garantiscono tra l’altro la produzione della leggendaria Acqua di Melissa, citata in tre opere del Goldoni), al frutteto “dei gusti perduti”  con 40 varietà rare e antiche e agli olivi, i grappoli di oltre 700 piante di vite di 21 varietà (Dorona, Trebbiano toscano, Vermentino, Albana, Tocai Friulano, Glera, Malvasia Istriana, Garganega, Verduzzo Trevigiano, Moscato Giallo, Raboso Veronese, Merlot, Uva di Gerusalemme o Nehelescol e alcune cultivar armene), riscoperte con l’aiuto delle Università di Padova e Milano,  confluiscono insieme a quelli in arrivo dalle vigne di Torcello sulla terraferma, restituendo due prestigiosi vini dalla spiccata nota minerale e in edizione limitata, che nell’etichetta rappresentano due dettagli della Chiesa dei Carmelitani Scalzi di Venezia: una statua del timpano e una parte del mosaico pavimentale: il “Bianco Ad Mensam”, strutturato, secco, concepito per la funzione ecclesiastica (un blend di 17 vitigni, alcuni dei quali unici, testimoni della biodiversità e universalità culturale della Serenissima) e il Rosso “Prandium”, ottenuto da 9 vitigni, strutturato e moderatamente tannico.

E’ dell’Azienda Agricola Gardi Bertoni di Riolo Terme (Ra) (www.tenutanasano.it) l’IGT Ravenna “Abbas abate” Bianco, un Albana dolce di colore giallo paglierino tendente al dorato, profumo intenso e e complesso con sentori di frutta matura, sapore, caldo e armonico, buona struttura e persistenza, indicato per fine pasto, dessert, pasticceria secca.

IL VINO DA MESSA

 

Il vino da messa non è un vino qualunque, ma proviene da conventi, istituzioni religiose o produttori laici che ogni due anni devono avere l’autorizzazione della Curia basata su un’analisi chimica che accerti che durante la vinificazione non è stato aggiunto nulla all’uva.

Vinum debet esse naturale de gemine vite et non corruptum”.

Così recita, infatti, il canone 924 (paragrafo 3) del Codice di Diritto Canonico che fissa le regole per la produzione del vino da messa, uno dei simboli più antichi, affascinanti e complessi di tutta la celebrazione eucaristica.

E l’Istruzione "Redemptionis Sacramentum" (capitolo III, paragrafo 50) specifica: “Il vino utilizzato nella celebrazione del santo sacrificio eucaristico deve essere naturale, del frutto della vite, genuino, non alterato, né commisto a sostanze estranee. Nella stessa celebrazione della Messa va mescolata ad esso una modica quantità di acqua. Con la massima cura si badi che il vino destinato all’Eucaristia sia conservato in perfetto stato e non diventi aceto. È assolutamente vietato usare del vino, sulla cui genuinità e provenienza ci sia dubbio: la Chiesa esige, infatti, certezza rispetto alle condizioni necessarie per la validità dei sacramenti. Non si ammetta, poi, nessun pretesto a favore di altre bevande di qualsiasi genere, che non costituiscono materia valida”.

Non c’è un vitigno più consigliato di altri: si prediligono vini liquorosi ad alta gradazione alcolica perché è più facile conservarli e da tempo è consolidato l’uso del bianco, che dà meno problemi se macchia la tovaglia dell’altare.

La “considerazione” fondamentale che si deve avere per il vino da messa risiede nella consacrazione durante il rito, cioè nella transustanziazione del vino in sangue: “Questo è il calice del mio sangue per la nuova ed eterna alleanza”. Il sacerdote mescola vino e acqua per due motivazioni teologiche: come il vino assimila l’acqua, così Gesù unendoci a lui ha preso su di sé i nostri peccati. Vino e acqua, inoltre, rappresentano la natura umana e divina di Cristo.

Ma c’è anche richiamo storico, perché al tempo di Gesù era consuetudine diluire il vino con acqua e probabilmente questo potrebbe è avvenuto anche nell’Ultima Cena.

Al Convento delle Monache Agostiniane di Santa Chiara a Montefalco (PG) è legata la storia del Sagrantino, le cui uve sono citate nella "Naturalis Historia" di Plinio Il Vecchio. Creato nel Medioevo come vino da messa dai seguaci di San Francesco e raffigurato da Benozzo Gozzoli negli affreschi del Convento di San Francesco sempre a Montefalco, deve il suo recupero all’opera di Arnaldo Caprai (www.arnaldocaprai.it) che, in collaborazione con l’Università di Milano ne ha salvato le barbatelle e ha curato "Cobra", il vigneto che ne è la più ricca banca dati al mondo. Parte del suo nome – ‘sacro’ – potrebbe derivare proprio dalle radici religiose, dal fatto che fosse un vino da messa o, più semplicemente, da sagrestia o sacrestia.

La Cantina Martinez (www.martinez.it), fondata a Marsala nel 1866,  negli anni ’60 ha introdotto i Vini per la Santa Messa cattolica, autorizzati dall’Ufficio Liturgico della Diocesi di Mazara del Vallo: Bianco Dolce (Catarratto, Grecanico, Grillo, Inzolia) e Secco (Catarratto, Grillo, Inzolia), Rosso Dolce (Nero d’Avola, Nerello Mascalese e piccole percentuali di altri vitigni autoctoni), Marsala Sicilia Liquoroso Bianco (Grillo, Cararratto, Inzolia) e Rosso. Sempre a Marsala, il vino bianco per la Santa Messa Pellegrino nasce nelle Cantine Pellegrino (www.carlopellegrino.it), che è fornitore ufficiale del Vaticano e gode di una speciale autorizzazione della Curia Vescovile di Mazara del Vallo, che si rinnova anno dopo anno sin dai primi del Novecento. TO BE CONTINUED (di Alessandra Calzecchi Onesti)

 

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