Auguri al Buttafuoco dell’Oltrepo’ Pavese

09/07/2020

L’Associazione nazionale Città del Vino, che conta tra i suoi Comuni un gran numero di  città legate ai disciplinari delle denominazioni storiche,  vuole celebrare i 50 anni dei vini che hanno ottenuto la certificazione nel 1970 con articoli, eventi e approfondimenti. Iniziamo proponendo una scheda con le caratteristiche e gli abbinamenti di queste DOC (alcune delle quali sono nel frattempo diventate DOCG).

 

BUTTAFUOCO DELL’OLTREPÒ PAVESE O BUTTAFUOCO

Disciplinare: già tipologia della DOC “Oltrepò Pavese” con D.P.R. 6.08.1970 (G.U. 273 – 27.10.1970), poi DOC con D.M. 3.08.2010 (G.U. 192 – 18.08.2010)

Regione: Lombardia

Provincia/e: Pavia

Enoregione/i: OLTREPO’ PAVESE

Città del Vino:  Comune di Montescano Comune di Cigognola, Comune di CastanaComune di Canneto PaveseComune di Broni, Comune di Pietra de Giorgi

Tipologie: Buttafuoco dell’Oltrepo’ Pavese, Buttafuoco dell’Oltrepo’ PaveseFrizzante

Vitigni: Barbera (25%/65%); Croatina (25%/65%); Uva rara, Ughetta (Vespolina), congiuntamente o disgiuntamente fino a un massimo del 45%.

Cenni storici e/o geografici: Una leggenda racconta che un gruppo di marinai della marina imperiale austroungarica, impegnati a metà dell’800 come traghettatori sul Po nei pressi di Stradella, in operazioni di guerra contro i soldati franco-piemontesi, si lasciarono tentare ed entrarono in una cantina del luogo dove fecero una strage, non di soldati nemici, ma di un vino denominato appunto “Buttafuoco”. Il vino “Buttafuoco”, dapprima tipologia della DOC “Oltrepò Pavese”, è stato elevato alla categoria di DOC autonoma, con disciplinare proprio, nel 2010 (DM 3 agosto 2010) per la sua importanza storica. Negli ultimi anni la viticoltura si è specializzata, sono stati rinnovati gli impianti e anche grazie al “Club del Buttafuoco Storico” è stata intensificata la produzione di qualità; il “Club del Buttafuoco Storico”, è un gruppo di produttori che si è dato regole comuni volte alla produzione di vini da singola vigna con almeno tre anni di invecchiamento e con rese limitate, dotandosi anche di alcuni sistemi di autocontrollo. I loro prodotti sono riconoscibili per la presenza di un veliero in rilievo sulla bottiglia: il veliero in questione è proprio il “Buttafuoco”, varato dalla marina austriaca verso la metà del XIX secolo. Il Buttafuoco presenta caratteristiche chimico-fisiche equilibrate. Visivamente è limpido, di colore rubino carico con riflessi violacei e, se invecchiato, tendente al granato e di buona consistenza; l’olfatto è intenso, franco, penetrante e vinoso e si riscontrano aromi prevalenti tipici dei vitigni Croatina e Barbera: da note floreali di viola, a sentori di frutti rossi e di frutta cotta (prugna); al gusto si hanno una grande corposità dovuta alla struttura e al buon grado alcolico, una acidità complessiva relativamente limitata ed un buon equilibrio tra le sensazioni di asciutto e di rotondo. Di fondamentale rilievo sono i fattori umani legati al territorio di produzione, che per consolidata tradizione hanno contribuito ad ottenere i vini a Denominazione di Origine “Buttafuoco dell’Oltrepò Pavese” o “Buttafuoco”. Considerato, sin dai tempi di Strabone, una zona di produzione di vini di qualità, l’Oltrepò Pavese è quel lembo di terra collinoso a sud della Lombardia noto per essere il punto d’incontro di quattro regioni: Lombardia, Piemonte, Liguria ed Emilia-Romagna. Tale peculiare caratteristica rende l’Oltrepò Pavese ricco di culture, lingue, tradizioni e cucine differenti, ma ben integrate tra loro. Questa terra è anche, anzi soprattutto, antica dimora della vite. Un’importante testimonianza arriva dal reperto di un tralcio di vite, risalente ai tempi preistorici, trovato in Oltrepò Pavese. Strabone, nel I secolo a.C., attribuì all’Oltrepò Pavese l’invenzione della botte. Nei suoi testi fu descritta di dimensioni più grandi delle case. Nei secoli successivi si incontrano poi altre testimonianze. Andrea Bacci, per esempio, nel XVI secolo, descrisse i vini di tale zona con il termine “eccellentissimi”. L’Oltrepò Pavese vitivinicolo attuale trova le sue radici nel secolo scorso, come conseguenza dei danni portati dalla fillossera, e nel rinnovamento globale del mondo vinicolo italiano di quel periodo. E’ sufficiente ricordare che nel 1884 l’Oltrepò Pavese vantava ben 225 vitigni autoctoni. Oggi sono circa una dozzina quelli di maggior diffusione, tra cui i più diffusi sono sicuramente Croatina con i suoi 3.900 ha e Barbera con i suoi 3.300 ha sui 13.300 totali. Nel corso dei decenni la viticoltura ha mantenuto il ruolo di coltura principale del territorio, tanto che nel 1970 il vino Oltrepò Pavese, e con esso la tipologia “Buttafuoco”, è stato riconosciuto come DOC con DPR del 6 agosto.

Abbinamenti: Selvaggina, primi e secondi saporiti, brasati, carne alla griglia, carni rosse in umido, salumi, formaggi grassi o stagionati.

 

Prodotto: SALAME DI VARZI (DOP)

Descrizione: Salume con una storia più che millenaria risalente agli insediamenti longobardi, anche se i primi documenti ufficiali sono del 1100. È di puro suino, con un disciplinare severo su provenienza e metodo d’allevamento degli animali, lavorazione, preparazione, asciugatura e stagionatura. I maiali non devono pesare meno di centocinquanta chili, i tagli di carne utilizzabili sono di prima scelta (spalla, coscia, lonza, filetto, coppa opportunamente snervata, pancettoni convenientemente mondati, triti di prima qualità), il grasso che può essere impiegato è esclusivamente quello del guanciale, della testata di spalla, del culatello e del lardello. Macinato a mano a grana media e con una percentuale di grasso che si aggira sul 30-33%, è aromatizzato con infuso di vino rosso vecchio e corposo, aglio e pepe nero in grani e insaccato in budello rigorosamente naturale. La maturazione è di circa dieci giorni in cucina riscaldata, seguita da più di novanta giorni in solaio aerato e riscaldato e dalla stagionatura in cantine umide, preferibilmente sottoterra. In base alla pezzatura si distinguono varie tipologie: filetta (peso medio tra cinquecento e settecento grammi, stagionatura quarantacinque giorni), filzettone (peso tra settecento e mille grammi, stagionatura minima sessanta giorni), sottocrespone a budello semplice (peso di uno o due chilogrammi, stagionatura almeno quattro mesi), sottocrespone cucito a budello doppio (peso di uno o due chilogrammi e oltre, stagionatura almeno sei mesi). La fetta presenta una netta suddivisione tra grasso di colore bianco e parte magra di colore rosso vivo, tenera anche a giusta maturazione ma non molle né troppo grassa, gusto dolce e delicato, aroma intenso e caratteristico. Si abbina bene con i pani tipici del territorio, come il miccone pavese e la micca di Stradella.

 

Piatto: OSSOBUCO ALLA MILANESE

Descrizione: Tipico piatto della cucina di Milano costituito da fette ricavate dallo stinco del vitello di uno spessore di circa tre o quattro centimetri, con l’osso che mostra appunto il buco contenente il midollo. Gli ossibuchi leggermente infarinati vengono rosolati nel burro con uno spicchio d’aglio fino a che hanno preso un bel colore biondo scuro, salati, pepati e bagnati con vino bianco secco. Quando il vino è evaporato, si aggiunge dell’acqua o meglio del brodo di carne e si fa cuocere coperto per un’ora circa. Pochi minuti prima di togliere dal fuoco si unisce la gremolada (abbondante trito di prezzemolo, scorza di limone e pepe macinato), si porta ancora a fuoco vivace voltando gli ossibuchi con delicatezza perché possano insaporirsi bene. Di solito accompagnano il risotto allo zafferano, ma si sposano bene anche con la polenta.

 

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